La fioritura della pianta d’uva

Sapevate che i fiori crescono sulla vite?

Nel mondo della viticoltura e della gestione dei vigneti, in genere si pensa all’abbondante vendemmia autunnale. Ma le fasi che precedono questo raccolto annuale sono fattori cruciali per il successo.

La primavera è la migliore amica dell’uva: le piante nel vigneto cominciano a svegliarsi e le gemme iniziano a comparire, quindi inizia la fioritura.

I viticoltori e i produttori di vino monitorano attentamente quando inizia la fase di fioritura dei loro vigneti: questa importante fase della stagione di coltivazione dell’uva determinerà il numero di acini presenti in ogni grappolo.

La “fioritura” dell’uva, arriva in tarda primavera, 40-80 giorni dopo la rottura delle gemme, a seconda delle temperature e delle precipitazioni. Per fare la loro gradita comparsa, i fiori d’uva hanno bisogno di temperature medie giornaliere che si mantengano tra i 15 e i 20 °C.

I grappoli di fiori sono chiamati infiorescenze ed emettono un profumo delizioso che avvolge l’intero vigneto con aromi dolci.

È in questa fase del ciclo di vita dell’uva che si verificano l’impollinazione e la fecondazione, con il risultato finale di produrre un grappolo.

Affinché la fecondazione avvenga, a differenza di molte altre piante, non è necessario che le api mellifere ronzino nei vigneti. La vite è ermafrodita – possiede parti maschili e femminili – e quindi, salvo problemi climatici o invasioni di parassiti, i fiori dell’uva possono trasformarsi in bacche da soli. Per la natura stessa della pianta, è probabile che quasi il 50% dei fiori di una determinata infiorescenza non produca frutti.

Durante la fioritura, i delicati fiori dell’uva sono molto vulnerabili ai danni causati dal vento, dalla pioggia o da una gelata tardiva inaspettata.

Lo stress della vite, compresa la mancanza d’acqua, può contribuire alla necrosi dell’infiorescenza, che danneggia l’intero grappolo floreale. Come si può immaginare, la perdita di interi grappoli floreali può essere dannosa e va evitata se possibile. La perdita dei fiori all’interno dell’infiorescenza è chiamata necrosi fiorale e dà luogo a grappoli d’uva con acini di dimensioni diverse, spesso definiti “galline e pulcini”.

Anche i livelli di carbonio e azoto nel terreno del vigneto possono influire sull’allegagione. Ad esempio, la semina di colture di copertura ricche di azoto in un vigneto carente ne equilibrerà i livelli e favorirà una migliore allegagione rispetto ai vigneti in cui non si interviene.

Circa 10-14 giorni dopo la piena fioritura, l’allegagione dovrebbe essere ben consolidata e i fiori impollinati hanno iniziato a formare piccoli acini verdi che alla fine si trasformeranno in singoli acini. A questo punto i gestori dei vigneti possono iniziare a stimare la percentuale di ogni grappolo che si trasformerà in frutto. Anche se eventi meteorologici significativi possono ancora influenzare la stagione, l’allegagione è il primo indicatore dell’abbondanza (o meno) del raccolto.

In altre parole, tutto inizia dalla fioritura: possiamo dire senza ombra di dubbio che è letteralmente la fase in cui si inizia a capire l’esito dell’annata di raccolta.

Il ruolo di Madre Natura

Il tempo gioca un ruolo enorme in questo processo. Temperature irregolari, piogge abbondanti, venti forti e grandine possono interrompere il ciclo. Il maltempo può scuotere bruscamente il polline dalle viti, impedendo ad alcuni fiori di impollinare. Gli effetti del clima più freddo, compresa l’impollinazione incompleta, possono portare a un raccolto più ridotto e a una minore quantità di frutti per pianta, poiché i tralci sono in grado di sviluppare solo la metà o i 2/3 dei grappoli.

Tutti i gestori di vigneti desiderano un’allegagione uniforme, definita come il momento in cui i fiori fecondati si sviluppano in un acino e poi in grappoli perfetti. Ma se i delicati fiori dell’uva sono esposti alla pioggia, al vento o alle basse temperature, il sogno di un grappolo da concorso di bellezza può essere infranto. Le basse temperature possono congelare i fiori o una forte pioggia può spazzarli via. Questo risultato indesiderato si chiama “frantumazione”, ovvero il grappolo cresce senza la forma ideale e stretta, con gli acini di dimensioni diverse. Sebbene questa variazione, fortunatamente, non influisca sulla qualità degli acini, influisce sicuramente sulla loro quantità.

Una volta comparsi i piccoli acini, iniziamo la pratica di sfoltimento delle foglie. Questa attività cruciale consente di aumentare il movimento dell’aria all’interno della chioma della vite e di gestire la penetrazione della luce attraverso le viti. Le brezze aiutano a tenere lontani i parassiti non benefici e la luce soffusa aiuta a prevenire le scottature degli acini che possono influire negativamente sul sapore del vino.

Con le giuste pratiche e se Madre Natura collabora, la vite prospera, soprattutto nel clima temperato e normalmente prevedibile della Toscana. Abbiamo la fortuna di coltivare vigneti qui, e prestiamo molta attenzione a tutto per mantenere i più alti standard di qualità. Sappiamo che questo si vede e si gusta poi in bottiglia.

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